sabato 21 agosto 2010
Pazzia e delirio sulle alpi del sud
Alla fine quel posto "over the rainbow" che cercavo, la dove dicono ci sia il tesoro, che sia oro, diamanti o semplicemente felicità l ho trovato. L ho seguito fin qui in mezzo al nulla, mi avevano sempre detto che piu ti sposti e piu anche lui si sposta, ma da qualche parte doveva iniziare, partire dal terreno, tutto sta nel crederci, tipo babbo natale.
Tutto cominciò a Christchurch dove avevo da passare 5 giorni finalmente al caldo in ostello. L amico Chris, un tedesco mio coetaneo di Monaco con cui avevo passato un mesetto a Motueka in estate, aveva preso due settimane di ferie dal lavoro per dedicarsi alla sua passione, lo snowboard backcountry, e non c è posto migliore della NZ. Finalmente potevo dedicarmi a cose un po piu serie visto che avere alle spalle un'altra persona atrezzata per ricerca in valanga e autosoccorso era davvero un bello scacciapensieri. Ci trovammo un paio di sere per programmare e studiare bene dove come quando saremmo andati. Anche quando lui non c era non riuscivo socializzare, passavo il tempo su internet a studiare il tempo, la direzione dei venti e i versanti buoni, tracciavo rotte sulle mappe topografiche e viaggiavo con l immaginazione in quelle valli bianche e incontaminate dove avrei finalmente potuto affogarmi nella neve, neanche i sorrisi di qualche ragazza japponese sola e annoiata riuscivano a distrarmi.
A casa ho sempre seguito gente piu esperta e appassionata di me e ora mi accorgevo che era stata una grossa e pigra mancanza da parte mia. Senza saperlo mi perdevo quasi la parte migliore. Saremmo dovuti partire domenica ma il venerdi ci fu una gran bella sorpresa.
Stava arrivando una bufera che avrebbe portato quasi un metro di neve in 2 giorni!!! Quando vidi quella schermata ero fuori di me, la linkai (?!) a tutti gli amici appassionati e se non fossi stato in fase di risparmio sarei corso a comprare una bottiglia di Jack Daniels e me la sarei iniettata direttamente in vena.
La mattina dopo ero già per strada, volevo godermi la vista di tutta quella neve, Chris mi avrebbe raggiunto in un paio di giorni, io intanto avrei cercato un posto per “campeggiare abusivamente” nei dintorni.
Praticamente per circa 200km che attraversano l isola dalla est coast a quella ovest, c è una strada che passa in mezzo alle montagne (l unica) dove ci sono 6 skiclub, quasi uno dietro l'altro, ma a noi ne interessavano 3 in particolare, due dei quali separati solamente da un range montuoso facilmente valicabile con una bella camminata, Broken river e Craegiburn. Sulla guida sono caldamente sconsigliati ai principianti viste le pendenze forti, la mancanza di ancore, seggiovie o skilift, solo tranciadita e niente “pattuglia”, e, cosa eccitante solo a sentirla, non battono niente, tutto freeride!!!! È semiobbligatorio avere ARVA pala e sonda, semi perché non è che ti lasciano fuori se non li hai ma di sicuro non è una bella cosa.
Il primo giorno mi fermo in un posto dove c è una grotta attraversabile a piedi in un paio d ore dove passa un torrente, una cosa fichissima ma con la temperatura dell acqua e quella dell aria del momento direi impraticabile senza una muta stagna
L entrata della grotta
Poi cominciò a nevicare pesante e mi trasferii piu in alto, esattamente all entrata delle strade d accesso agli “impianti di risalita”.
Sarei la mattina seguenta andato a controllare come fossero queste ennesime strade sterrate e se fosse stato possibile percorrerle col mio van ed era un ottima scusa per controllare se ciò che avevo letto sulle previsioni era vero.
Delirio, non credevo ai miei occhi, in un solo giorno era caduta davvero tanta roba
Ero davvero euforico, saltavo di qua e di là, la parte negativa è che la strada d accesso era una pista da motocross con l aggiunta di neve e ghiaccio.
Quando Chris arrivò girando un po cercando un posto tranquillo trovammo un bivacco, era perfetto, vicinissimo alle stradine, un po di posto dove potersi muovere e cucinare e soprattutto un bel caminetto dove fare un fuoco e scaldarsi visto le temperature.
Era in mezzo al bosco con una cornice di montagne bianche intorno, senza pensarci due volte divento la nostra casa per due settimane.
Restava il problema di arrivare agli impianti ma lo risolvemmo presto con la cosa che qui in NZ sembra essere popolarissima e molto usata (consigliata perfino da un cartello), quella di fare l autostop
Insomma tutte le mattine facevamo l autostop fino in cima, e tutte le sere lo facevamo per tornare a “casa” ed avere quel “capanno” cosi vicino ci permise di non dover mai guidare e risparmiare un sacco di rotture e soldi in benzina. Tutti i giorni conoscevamo persone nuove e tutti “”malati” dello scivolare giu da questi megapendii appena coperti di neve polverosa. Spesso si fermavano al bivacco con noi per una chiacchierata, per qualche consiglio su posti dove la neve si conserva bene per giorni, o dove pochi vanno, qualche bel canalino ecc. A volte qualche altro cazzaro che se ne infischiava del freddo veniva a parcheggiare il van al bivacco e far serata con noi davanti al fuoco che facevamo ogni sera, ottimo per scaldarsi e asciugare guanti, stivali e tutto ciò che era ovviamente bagnato a fine giornata.
Ogni sera veniva pure a trovarci un simpatico oppossum speranzoso di trovare resti di cibo, ma eravamo cosi affamati dopo le varie sessioni giornaliere di powder che eravamo noi a guardarlo con occhi affamati di carne e barbeque.
Era un gran bel passatempo viste le lunghe ore di buio in cui l unica cosa da fare è segare legna per scaldarsi e girare i guanti di fronte al fuoco. Si arrampicava dappertutto e quando era alto lo accecavamo puntandogli le torce negli occhi, lui cominciava a muoversi come fosse ubriaco e con le unghie cercava appigli per trovare una via d uscita fin che noi gli urlavamo a ripetizione “jump! Jump! Jump!…
Un altro interessante e malefico animale era il “Kea”, l unico pappagallo alpino al mondo, bellissimo da vedere, coloratissimo sotto le ali ma se trova qualcosa di gomma è finita. Rovina tutte le guarnizioni delle macchine, gli attacchi degli snowboard e tutto ciò che è masticabile gli capiti sotto, un vero dito in culo insomma.
La mattina per essere pronti per l autostop alle 9 ci si alzava presto e la cosa non era cosi facile come a dirlo, c erano sempre tra i –3 fino ai –8 nel van alle 7.30 e per uscire dal sacco a pelo dovevo fare un bel po di flessioni e addominali… per bollire l acqua e farmi un caffè ci serviva un sacco sempre che il rubinetto non fosse ghiacciato. Alla sera era divertente come invece di dire “vado a letto” ci dicevamo “buona notte vado nel mio frigo” e in effetti ne avevano tutto l aspetto… anche quando il sole scaldava leggermente l ambiente dopo l alba il van restava congelato per un bel po
Una cosa seccante era che non c erano che due piccolissimi villaggi nei dintorni, villaggi intesi come villaggi montani neozelandesi, niente negozi o generi alimentari, niente benzinai, dovevi essere organizzato bene o per comprare del pane o del latte dovevi farti 80’ km (160 andata e ritorno) di curve e saliscendi, praticamente per 4 $ di pane ne spendevi 50 di benzina. Dovevamo calcolare bene cosa mangiare ogni giorno per non restare a secco, raccogliere legna e segarla spesso per non retare a secco di legna asciutta in giorni di neve o umidi, insomma, eravamo davvero fuori dal mondo e vi assicuro che non avevamo nessuna intenzione di spostarci da quel paradiso selvaggio.
Dopo una settimana eravamo noi a spiegare a chi ci dava un passaggio dove andare e dove trovare ancora discese non trifolate e neve buona a chi veniva solo per un paio di giorni vista la nostra presenza estesa e giornaliera sui campi.
Qui arriviamo finalmente al punto piu importante, quello che succedeva una volta arrivati agli impianti.
I “tranciadita” ,ovvero quelle maledette corde a cui dovevi agganciarti, erano velocissime e presentavano nuovi mostri di fine livello come la “tripla rotella metallica” o il “giros per kebab” usato per far curvare il tracciato in salita
Una volta alla fine della risalita devi agganciare lo “schiaccianoci” da qualche parte e lo avrai penzolante pronto a romperti il femore in ogni momento,
togliere il “copriguanto in spessa pelle” e metterlo da qualche parte senza perderlo, provare a stringere la corda senza di esso significa distruggere completamente i guanti in 3tentativi… I kiwi questo tipo impianto lo chiamano “wankersfilter”, un filtro per principianti, famiglie e segaioli e devo dire che funziona bene. Era davvero argomento di discussione ogni sera e con chiunque, come agganciarsi velocemente prima del primo “palo trancino” come tenere lo schiaccianoci senza arrivare esausto e con le dita a pezzi fino in fondo. In Europa non avevo problemi a fare apertura-chiusura senza grandi pause ma qui è un attività fisica a tempo pieno, non hai la pausa rilassamento sulla seggiovia, anzi, andar su è piu pauroso e faticoso che scendere e assicuro che se non si ha un controllo perfetto della tavola/sci è praticamente impossibile arrivare in fondo.
Purtroppo c erano da fare 3 di fila e l ultimo era di traversone su pendio ripido sulla lamina back e lo zaino che sbatteva ad ogni paletto.
E poi la cosa piu fica, rustica e piu “kiwi style” di tutte era da cosa erano mosse queste corde, sinceramente mi aspettavo qualcosa del genere ma quando abbiamo trovato la porta dei “motori” aperta ci siamo fatto delle risate da mal di pancia...
un vecchio trattore fatto a pezzetti e adattato, tutto artigianale
“it’s all about skiing and the mountain” dicono, in effetti immagino che i guadagni siano piuttosto bassi visto il limitato numero di persone presenti, non c è del vero personale addetto, nessuno alla partenza o arrivo, niente paletti per delimitare piste che non ci sono, e l unica “baita” presente è “self service” dove la gente onestissimamente lascia offerte in un barattolo apposito, dove ci si cucina i propri pasti, ci si scalda i sandwich e si beve del te messo a disposizione da qualche skiclub. Tutti puliscono, nessuno lascia immondizia in giro e se la mette nello zaino, anche i filtri di sigarette ecc… stare in un ambiente cosi con persone che davvero sono qui solo per forte passione è davvero piacevole.
ovviamente Chris da vero bavarese si ammazzava di wurstel e birra… nel self barbeque sul terrazzo.
Il terrazzo della baita era davvero un gran bel punto di ritrovo per avere informazioni utili, osservare i vari canalini col binocolo e progettare salita/discesa di essi riprendendo le energie tolte dalle corde.
A volte, dopo le nevicate certe zone erano pericolose e le chiudevano per pericolo valanghe fin che il sole non avesse fatto il suo lavoro e la collezzione di sci messi tipo “pronti-via” per il pendio faceva bella scena
Le freccie sullo sfondo erano i due canali nostra meta per il 3zo giorno dopo il via libera del manto nevoso presumibilmente stabilizzato.
Era una gran camminata ma le cose vicino erano tutte già tracciate ed era ora di fare qualche prima traccia in qualche “coluoir” ripido e poi una bella camminata in cresta sarebbe sicuramente stato panoramicamente incredibile.
E cosi fu, anzi, meglio, camminare e a volte surfare per tutta la lunga cresta ci donò delle visioni spirituali, la fortuna di non aver mai avuto vento ne con le nevicate ne con il sole nucleare del posto faceva di tutto il quadro generale ciò che solo potevamo sognare, eravamo letteralmente senza respiro
L imbocco del canale era giusto prima della vetta dove prima della foto commemorativa urlammo al vento la nostra euforia
Poi i cazzi arrivarono all imbocco del 2ndo canale nel pomeriggio. Dalla mappa risultava essere 41° appena dopo l imbocco, giusto passando in mezzo alle rocce.
Era ancora senza tracce, a dire il vero non cen erano per un bel pezzo e ci domandammo se fosse per qualche motivo, ma avevamo fatto bene i nostri compiti per casa, avevamo studiato tutto ciò che si doveva fare, raccolto info da chi conosce la zona e la neve piu di noi e poi eravamo li oramai. Volevamo dare un occhiata alla neve, al pendio ma la superficie nevosa in cresta era un po crostata da vento per camminarci in sicurezza. In poche parole ci stavamo cagando addosso, era ripido e per di piu non lo vedevamo
la cresta da vento sull altro versante
l imbocco del canale e poi… chi lo sa
si vede bene dall espressione cosa penso di quel pendio che non vedo
Abbiamo cazzeggiato un 15 minuti fingendo di studiare qualcosa ma la questione era solamente “chi va per primo?”… ok, ok, facciamo con “sasso-carta-forbice” ma il mio sasso del cazzo è 30 anni che perde e continuo a farlo.
Concordiamo di farlo a sbalzi, all uscita del canale mi sarei messo in posizione sicura e avrei controllato la sua discesa mantenendo il contatto visivo in caso di distacchi, poi viceversa e via cosi.
Con occhi e orecchie bene aperte mi lancio in un paio di curve leggerissime nei punti alti e entro nel coluoir. I miei piedi dopo le prime due curve mandano un segnale chiarisimo al mio cervello che va istantaneamente in pappa. Il pendio e sul versante in ombra e l assenza di vento aveva mantenuto la neve come era caduta fino a 3 giorni prima!!! POOOWDEEEER!!
Quella sensazione di poter fare ciò che vuoi senza difficoltà nonostante fossi immerso fino agli scarponi fece partire i soliti urli di godimento udibili a distanza e fecero capire a Chris che non poteva vedermi che non mi sarei fermato finchè le gambe non avrebbero urlato piu forte di me.
Ci aspettavamo buona neve ma non cosi buona… Saremmo scesi fino a dove la neve ce lo permetteva fino alla strada d accesso dove andava a finire quella “ciotola” piena di farina. Per fare un'altra discesa dovevamo salire per la strada per un paio di km (bella salitina) prendere la prima corda, la seconda, sganciarsi per andare alla terza, arivare alla fine delle tre esausti e mettere la tavola a spalle per circa 3 km di cresta, rimetterla ai piedi per la parte in discesa, camminare altri 20 minuti con tavola sottobraccio e saremmo finalmente arrivati. Qualcuno aveva seguito la traccia oramai e cambiammo canale la seconda volta. Una losca figura con tavola sottobraccio si avvicinava, c erano forse altre 5 persone che facevano questa rouitine e indovinate un po chi trovo in cima a una montagna in mezzo al nulla ?? Un francese che raccoglieva mele con me mesi fa. Ma va che il mondo è piccolo eh!! Anche lui viveva sul van con la sua ragazza in un garage e seguiva le precipitazioni in giro per l isola come me. Dopo una chiacchierata di stupore reciproco sui vari eventi decidiamo di scendere insieme. Anche lui appassionatissimo di qualunque sport da fare in montagna (e guida/istruttore di arrampicata su roccia e bouldering) non vedeva l ora di trovare qualcuno con cui scendere vista la sicurezza in piu che ne viene di seguito. Fu un'altra discesa da stiramento di corde vocali, alla fine eravamo veramente tutti e tre fuori di testa, neve vicino all essere perfetta, pendio quasi senza tracce (alla fine tutte le linee convergevano tutti al centro e aumentavano le tracce) o rocce e il sole che rendeva tutto chiaramente visibile, nella vita sono cose che capitano poco.
L euforia poi ci portò a fare una delle cose piu stupide ma divertenti mai fatte su uno snowboard. Di salire di nuovo al parcheggio e cercare un passaggio non se ne parlava e oramai era tardi. Metto la tavola sotto il culo e su quella strada ghiacciata volavo… ovviamente non ho dovuto insistere che dopo qualche secondo cominciò una gara amichevole di coglioni. Sapevo che andando in giro in 2 deficienti era pericoloso, ma in tre può diventare mortale.
Per frenare o evitare le pozzanghere di ghiaia bisognava buttarsi sugli accumuli di neve soffice laterali della strada ma quando la velocità era alta faceva paura farlo,sembrava di insaccarsi il ginocchio, soprattutto in quello a valle che ti impediva (forse) di rotolare giu nel bosco.
L unica cosa peggio di quello che stavamo facendo sarebbe stato farlo in piedi sulla tavola, e non ci volle molto perché succedesse. Il problema era superare quelle lente e noiose auto con catene che procedevano a passo d uomo e occupavano quasi tutto lo spazio lasciandoti a volte uno spiraglio, ma immaginarsi la loro faccia alla vista di questa giacca verde nello specchietto che diventa sempre piu grande e poi ti supera surfando su una striscia di neve poco piu larga della tavola valeva la candela.
Il problema era l impossibilità di frenare o sarebbero stati cazzi per persona e tavola, dovevi aspettare la parte piana, beccare una lastra senza squali (quelle piccole rocce appuntite che spuntano fuori e vedi solo 2 metri prima) e metterti di lamina dolcemente.
Di solito questi giochi imbecilli finiscono sempre quando qualcuno si fa male e cosi fu, fortunatamente niente di grave, Chris aveva preso uno “squalo bianco” e la sua tavola era quasi diventata due sci, lo vedemmo dopo un po tornare a piedi con un balocco di ghiaccio sul polso.
Inutile dire i disastri sulle solette anche delle nostre tavole.
La sera saremmo andati nel garage dell amico Sam (il francese) che aveva un piccolo laboratorio con tutto l occorrente per arrangiarci e riempire i graffi, affilare le lamine e dare una bella passata di nuova sciolina… che disastro…..
Dopo una settimana sembrava davvero tutto cosi bello e perfetto, tutto ancora era tornato a lavorare liscio come l olio, fiori amore e felicità e freddo cane, fuochi, amici neve e tutte quelle robe li. Poi come tutte le mattine chiedavamo info sul tempo ai nostri autisti dovendo sentire ancora una volta “grossa bufera in arrivo” e almeno due o tre giorni di neve e ricominciare a surfare il martedi in nuova powder… sembrava quasi una benedizione di Dio… un sistema che arrivava dall australia, vastissimo che avrebbe coperto entrambe le isole della nuova zelanda. Gli amici australiani avevano avuto avuto la buona idea di aggiungere un vento caldo che portò lo zero termico a 2000m (sopra quasi a tutte le montagne del posto) e quel giorno, che precedeva l arrivo delle precipitazioni, ci fu un vento pazzesco. A noi andò bene perché portava tutta la neve continuamente sul nostro versante sottovento e ad ogni discesa le tracce venivano coperte e ogni 10 minuti c era nuova neve fresca da surfare, ovunque. Verso mezzogiorno però il vento era davvero cattivo, aveva raffiche tra 80-90 km/h che scendevano dalla cima e ti buttavano per terra, a volte dovevamo sganciarci dalla corda e distenderci a faccia in giu, sembrava quasi che ci sparassero in faccia granatina con idranti, fino a che chiusero tutto e ci mandarono a casa. Avremmo poi saputo che quel giorno in Mt Hutt, un resort all inizio dell arco alpino il vento aveva raffiche fino a 220 km/h, il primo morto fu un uomo che provò a guidare giu la strada d accesso e fini nel burrone, altre tre persone semplicemente “soffiate” via e cadute in qualche precipizio, altre due persone sotto una valanga inaspettata erano state dissepolte e le altre 1200 persone (300 di loro bambini in gita scolastica) presenti nel comprensorio sciistico furono buttate come sardine nel ristorante/café per tutta la notte finchè il vento non si fosse calmato verso le 9 della mattina dopo. Tra loro anche un nostro amico australiano che aveva passato un paio di notti con noi al bivacco la settimana prima, lui fortunatamente aveva perso solo il tetto in vetroresina del suo camper ma era illeso.
Altra cosa di importanza rilevante è che il vento era non so come diventato caldo attraversando il mar di tasmania e lo zero termico si alzò da 400 a 2000 metri, tutta la neve che doveva venire giu si trasformò in una pioggia battente costante per 48 ore. Sembrava primavera, 2 notti prima ci alzavamo con –8, ora c erano 9 gradi la notte e 15 di giorno, la neve a basse quote era sparita dappertutto, il terreno diventato da ghiacciato a fangoso, i ruscelli quasi secchi si gonfiarono e quello che ci restava da fare era stare nel bivacco finchè non fosse finito sto inferno…
Con l arrivo del sole perdemmo le speranze ancor di piu, andammo a surfare per 2 giorni sul ghiaccio liscio per poi accettare l invito di Sam a guidarci a una delle mecche mondiali dell arrampicata su boulders, castel hill. Lui aveva una guida di una delle 4 sezioni disponibili, nella quale c erano 1600 vie... ed era la piu piccola!!!!
Altro ottimo passatempo ottimo per migliorare equilibrio e concentrazione e dimenticarsi del disastro provocato dal tempo, era la "sleckline" di Chris che posizionavamo in posti altamente panoramici e naturali che con quella temperatura e il sole
era davvero divertente.
Dimenticavo di parlare di una delle mie migliori discese, una prima da manuale. Non era molto ripida, almeno non come le altre ma vista l assenza di neve era da fare praticamente dritta senza errori... ho corso come un pazzo per non farmi fregare la prima traccia dallo sciatore telemark dietro di me (3za foto) che in verità fece una linea da paura con una tecnica cosi fluida da ipnotizzarti... come si vede dalla traccia si doveva per forza andare dritti per poter riprendere poi la linea di ritorno a velocità molto elevata... ed è qui che a fare lo sborone si paga... mi sbilanciai su un piccolo dosso e rotolai per parecchi metri perdendo vari pezzi tipo maschera, berretto racchette grazie alla forza centrifuga... dev essere stato bello vedermi..... fortuna che era morbida!!!
quella rossa
che stile!!!!
la partenza vista dall alto
domenica 1 agosto 2010
Welcome to Heaven
Mi ritrovo a dover già aggiornare il blog perché le prime due settimane di neve sono state esaltanti.Era proprio come l immaginavo, anzi peggio. Tutto è veramente rustico e selvaggio. Gli impianti di risalita, le strade per arrivarci e la gente che li gestisce.
Dopo un paio di paradisiaci giorni di liberamento da energie negative scivolando giu per i pendii del Mt Dobson avrei otato per tornare a “Roundhill”, quello che avevo trovato chiuso prima di rompere la cinghia. Quest ultimo partiva piu basso, addirittura 1300 m e le nevicate dei giorni precedenti e dei successsivi sarebbero state ideali. Il “comprensorio” (parolona) si vantava di una nuovissima risalita “a corda” fino alla vetta del versante opposto a 2133m, che per la NZ è parecchio dislivello in una sola discesa.
Cerco un posto per imboscarmi con il van per non dovermi fare ogni giorno 60 km di sterrato-innevato ma lungo la strada sembra siberia. Distese di pianeggiante niente, senza quasi un albero e solo sta strada ghiaosa a una corsia.
Ogni tanto trovavo una depressione dove potersi imboscare ma dovevo sempre controllare che non fosse una di quelle con il suolo impermeabile tipiche di ste zone, una notte di pioggia e ti ritrovi l acqua al collo.
Ma la trovai
Un paio di volte la notte, quando la pioggia si faceva piu forte, mi sono svegliato a controllare se stessi già galleggiando, ma il pensiero che tutta quell acqua sarebbe stata neve un mezz ora di guida da li mi regalava sogni d oro.
Mi sveglia presto con l allarme del telefono e subito notai che non pioveva piu… Aprii la porta e la pianura verde che scendeva al lago cominciava ad imbiancarsi. Ero a 850m! Scaldo il motore e parto, non posso aspettare di vedere che spettacolo mi aspetta. Dopo pochi km mi fermai a montare le catene, la parte peggiore della routine quotidiana.
Come immaginato non c era quasi nessuno, infrasettimana e con brutto tempo. Alle 10 di mattina c erano forse 15 auto, la metà di esse era di chi lavorava qui. Io ero già “on fire” da parecchio e facevo su e giu dalle due piste battute per scaldare le mie povere gambe che da mesi erano oramai diventate delle “utilitarie” del corpo.
Arrivo a questo famoso nuovo impianto. Finalmente userò questo cavolo di schiaccianoci e vediamo un po che macchine infernali si sono inventati in sto angolo di mondo per la pigrizia di salire a piedi.
Invece del solito ragazzone bianchissimo, alto e robusto mi trovo una carinissima bionda kiwi, che mi fa un sorrisone a mille denti e subito mi sento in imbarazzo. Ok, mi spighi come funziona? Lo schiaccianoci è legato all imbragatura, devi prendere la corda e farti tirare, quando ce l hai ferma in mano con l altra colpisci il cavo con lo schiaccianoci che si chiude e ti fai trainare. Devi tenerlo però poi chiuso con la mano perché se lo molli si sgancia al volo. Stai attento a tenere la mano alla fine di esso senò le rotelle dove passa la corda potrebbero tagliarti le dita.
Whaaaaat?? Questa cosa come altre è nata prima dello snowboard ed è stata pensata per sciatori. Sono caduto tre volte prima di arrivare in cima, come un principiante, e ogni volta mi toccava beccarmi sto sorriso al mio ritorno come per dirmi “dai, vai che ce la fai.
Era spaventoso, quando lo schiaccianoci passava sulle rotelle di ferro tenendo il cavo faceva un “stang” metallico che mi irrigidiva e ce n era uno ogni 20 metri!!! Per lo piu lo zaino sbatteva su ogni palo e mi sbilanciava e ero terrorizzato pure dal fatto di qualche fibbia dello zaino che si itorcolasse in quelle infernali rotelle e in piu sto atrezzo da tenere chiuso forte quasi dietro di te in una posizione da martire per 6 lunghi minuti su un pendio veramente ripido, penso una media quasi di 30°.
Ero concentratissimo, rigido come un asse di legno e combattevo la mia battaglia per restare in piedi e mantenere tutte le dieci dita che avevo allo stesso tempo, e non mi ero accorto di dove stavo andando. In cima mollola presa e l atrezzo si apre di scatto, in salita, una bella frenata in dietrofront inaspettata e vedo il paradiso
Non potevo far altro che tirar fuori i sandwich dallo zaino e gustarmeli al cinema del national geographic.
La discesa però non era ancora pronta, le due settimane di trifolazione da teenager in vacanza aveva lasciato tracce troppo pesanti e dopo poche centinaia di metri si entrava nella “nuvola densa” di nebbia e fiocchi di neve che a malapena mi vedevo i piedi.
Il giorno dopo mi stavo bevendo il caffè parcheggiato sotto l ancora aspettando che partisse. La notte aveva messo altri 20-25 cm di neve ovunque, piste comprese!!!! E non accennava a smettere. Mi feci delle grandissime surfate, non potevo davvero smettere, mi mangiavo le barrette di cereali e ogni tanto una sigaretta, una bevuta e altro solo finchè l ancora mi portava su, giusto per non perdere minuti preziosi di powder. Poi vedo la pattuglia che si dirige sull infernale corda. Bastardi, potevano essere i primi, ma dall altra parte un ottimo segno, stavano per aprirla.
Quel superpendio era immacolato, ora era una superficie coerente e polverosa e io un bambino che stava per entrare per la prima volta a Disneyland. Un altro paio di trifolatori si presentarono impazienti alla partenza con zainone e sci larghissimi. Mi lanciarono un paio di battutine simpatiche su come sarebbe stata la discesa, ma non sapevano che gli avrei spezzato le gambe volentieri per non farli salire…
Poi… un urlo rimbombava a eco tra le montagne… “POOOOWDEEER”… e finchè nelle gambe non cominciava a scorrere acido di batterie invece di sangue ed ossigeno, sono rimasto in quella dimensione limbo dove non esiste nient altro che ciò che stai facendo. La prima discesa è di studio, lenta,, controllata e leggera, poi si prende confidenza col tipo di neve e si prova qualche tre curvette a vedere come vengono, poi salendo si studia una linea migliore per la prossima run, è tutto ripido, niente sotto i 30° e le mie gambe non sono in forma, discesa dopo discesa si prende confidenza e ci si ricordano i dossi, si cerca la serie infinita di curve uguali tanto bella da vedere da sotto, se vengono bene le prime tre è fatta, prendi sicurezza, con la velocità aumenta anche il flusso di adrenalina al cervello che superato il limite di tolleranza va in pappa ed entri nel limbo di cui parlavo, sei concentratissimo, i riflessi sono quelli di un gatto e il tuo corpo fa cose straordinarie, decisamente sopra le tue capacità.
Misteri del corpo umano, ma gran figata. Poi c è un limite di tolleranza al maltrattamento di muscolatura e le gambe cedono senza preavviso.
Il segnale che avevo dato il 110% che aspettavo. Mi siedo e do un occhiata alle mie firme.
Finalmente il week end, obbligato a riposarmi perché il mio pass vale solo da lunedi a venerdi. Due splendide giornate di sole sul lago Tekapo, in spiaggia a leggere, cucinare qualcosa di decente in maniera rilassata e a mente folgorata dal paesaggio che mi circondava
Poi lunedi si ricomincia, su e giu, su e giu, tutto era trifolatissimo dal weekend otre che crostato. Decido di inventarmi una gita per l ultimo giorno in quel comprensorio sapendo che sarebbe stato sole e delle piste mi ero proprio rotto le palle.
Prendo l ancora e scendo nel versante dietro dove nessuno sarebbe sceso visto che la sola lunga via del ritorno era a piedi.
Come al solito non ne resto deluso, il sole aveva ammorbidito la crosta e non c era neanche un imperfezione superficiale su quel mato nevoso, era poco ripido e le curve erano solo per renderla piu lunga e lasciarmi distrarre dalla vista.
Poi metto le pelli, Beetowen sull i-pod e comincio a risalire, senza fretta, prendendo il giro piano ma lunghissimo che guarda sudovest, con quel tempo, in quel posto e quella vista, quello che provavo mi ripagò davvero tutte le giornate a fare il meccanico al freddo e le mele raccolte per mesi e le notti sul van al freddo.
Scendendo la sera, dirigendomi all altro comprensorio prendo l ultimo scatto di un tramonto sul lago dove oramai “vivevo” da due settimane.
Avevo da spendere i 3 giorni rimanenti a Mt Dobson, dove avevo rotto la cinghia. Cerco un posto per imboscarmi con il van e essere il primo la mattina dopo. La sera era senza nessuna traccia di nuvole e la luna piena, visto il buio totale della zona e l assenza totale di alberi sopra gli 800m, illuminava a giorno. Con un cielo cosi ci si può aspettare solo una cosa di notte e in montagna. Un freddo cane. Ghiaccio ovunque, nel lavello, sui vetri, persino nelle parti metalliche interne scoperte
Nel sacco a pelo si stava benissimo, ma senza una gran, gran motivazione, uscire da esso a quelle temperature non si fa.
Il comprensorio era piccolo e poco frequentato, una seggiovia vecchia e un ancora, ma quello che potevi fare da soli questi due impianti era vastissimo.
Poi, neve di nuovo, a secchiate ogni tanto, fiocchi enormi che ricoprivano ogni tua discesa nel tempo della risalita
L ultimo giorno delle due settimane intensive di surf optavo di nuovo per una gita visto il tempo favorevole e un dislivello sciabile di piu di 1000m.
Ancora una volta dovevo scendere dal versante opposto agli impianti, ma l avevo studiata bene su mappa stavolta,entrata, rotta e pendenze e dove avevo parcheggiato il van a 900m, poco sotto il livello della neve sciabile, e partendo da circa 2090m. Restando sul ridge sarei stato “al sicuro” da valanghe per vari motivi, e, essendo meno ripido (media di 20° suppongo) era anche piu lungo.
Stavolta il vento aveva rovinato il manto con una bella crostina e piccoli sastrugi, ma è stata una discesa davvero lunga, cazzeggiante e soprattutto mia e solo mia. Ogni tanto la vista mi distraeva e finivo in uno di quei canali sottovento dove non avrei dovuto essere e dovevo uscirne velocemente, fermarmi e riprendere il punto di orientamento e vedere un po dov ero finito.
Ma oramai vedevo la strada, bastava seguirla fin laggiù, sotto le nuvole dove la neve non c è piu e dove il mio “fedele” bongo mi aspettava per una cenazza da Natale.
Felice e soddisfatto mi dirigo a Christchurch ancora una volta, ottimo posto dove farmi un regalo e dormire 5 notti in ostello in un letto morbido, riposarmi in un posto caldo, mettere in ordine le foto con calma e postare il blog sorseggiando un thé e perché no, socializzare un po con qualcuno che non sia il pupazzo spaventato che siede in fianco a me quando guido.
Ovviamente, vista la distanza mi sono fatto una fermata in uno di quei “free camping” del D.O.C. che sono sempre in posti magici, una bella giornata calda e soleggiata (per essere inverno) a fare pulizie generali, asciugare il materiale e farsi una camminata finalmente in un bosco, insomma esternare il mio stato d animo in mezzo alla natura e con la mia privacy prima di tornare nella civiltà.
Dopo un paio di paradisiaci giorni di liberamento da energie negative scivolando giu per i pendii del Mt Dobson avrei otato per tornare a “Roundhill”, quello che avevo trovato chiuso prima di rompere la cinghia. Quest ultimo partiva piu basso, addirittura 1300 m e le nevicate dei giorni precedenti e dei successsivi sarebbero state ideali. Il “comprensorio” (parolona) si vantava di una nuovissima risalita “a corda” fino alla vetta del versante opposto a 2133m, che per la NZ è parecchio dislivello in una sola discesa.
Cerco un posto per imboscarmi con il van per non dovermi fare ogni giorno 60 km di sterrato-innevato ma lungo la strada sembra siberia. Distese di pianeggiante niente, senza quasi un albero e solo sta strada ghiaosa a una corsia.
Ogni tanto trovavo una depressione dove potersi imboscare ma dovevo sempre controllare che non fosse una di quelle con il suolo impermeabile tipiche di ste zone, una notte di pioggia e ti ritrovi l acqua al collo.
Ma la trovai
Un paio di volte la notte, quando la pioggia si faceva piu forte, mi sono svegliato a controllare se stessi già galleggiando, ma il pensiero che tutta quell acqua sarebbe stata neve un mezz ora di guida da li mi regalava sogni d oro.
Mi sveglia presto con l allarme del telefono e subito notai che non pioveva piu… Aprii la porta e la pianura verde che scendeva al lago cominciava ad imbiancarsi. Ero a 850m! Scaldo il motore e parto, non posso aspettare di vedere che spettacolo mi aspetta. Dopo pochi km mi fermai a montare le catene, la parte peggiore della routine quotidiana.
Come immaginato non c era quasi nessuno, infrasettimana e con brutto tempo. Alle 10 di mattina c erano forse 15 auto, la metà di esse era di chi lavorava qui. Io ero già “on fire” da parecchio e facevo su e giu dalle due piste battute per scaldare le mie povere gambe che da mesi erano oramai diventate delle “utilitarie” del corpo.
Arrivo a questo famoso nuovo impianto. Finalmente userò questo cavolo di schiaccianoci e vediamo un po che macchine infernali si sono inventati in sto angolo di mondo per la pigrizia di salire a piedi.
Invece del solito ragazzone bianchissimo, alto e robusto mi trovo una carinissima bionda kiwi, che mi fa un sorrisone a mille denti e subito mi sento in imbarazzo. Ok, mi spighi come funziona? Lo schiaccianoci è legato all imbragatura, devi prendere la corda e farti tirare, quando ce l hai ferma in mano con l altra colpisci il cavo con lo schiaccianoci che si chiude e ti fai trainare. Devi tenerlo però poi chiuso con la mano perché se lo molli si sgancia al volo. Stai attento a tenere la mano alla fine di esso senò le rotelle dove passa la corda potrebbero tagliarti le dita.
Whaaaaat?? Questa cosa come altre è nata prima dello snowboard ed è stata pensata per sciatori. Sono caduto tre volte prima di arrivare in cima, come un principiante, e ogni volta mi toccava beccarmi sto sorriso al mio ritorno come per dirmi “dai, vai che ce la fai.
Era spaventoso, quando lo schiaccianoci passava sulle rotelle di ferro tenendo il cavo faceva un “stang” metallico che mi irrigidiva e ce n era uno ogni 20 metri!!! Per lo piu lo zaino sbatteva su ogni palo e mi sbilanciava e ero terrorizzato pure dal fatto di qualche fibbia dello zaino che si itorcolasse in quelle infernali rotelle e in piu sto atrezzo da tenere chiuso forte quasi dietro di te in una posizione da martire per 6 lunghi minuti su un pendio veramente ripido, penso una media quasi di 30°.
Ero concentratissimo, rigido come un asse di legno e combattevo la mia battaglia per restare in piedi e mantenere tutte le dieci dita che avevo allo stesso tempo, e non mi ero accorto di dove stavo andando. In cima mollola presa e l atrezzo si apre di scatto, in salita, una bella frenata in dietrofront inaspettata e vedo il paradiso
Non potevo far altro che tirar fuori i sandwich dallo zaino e gustarmeli al cinema del national geographic.
La discesa però non era ancora pronta, le due settimane di trifolazione da teenager in vacanza aveva lasciato tracce troppo pesanti e dopo poche centinaia di metri si entrava nella “nuvola densa” di nebbia e fiocchi di neve che a malapena mi vedevo i piedi.
Il giorno dopo mi stavo bevendo il caffè parcheggiato sotto l ancora aspettando che partisse. La notte aveva messo altri 20-25 cm di neve ovunque, piste comprese!!!! E non accennava a smettere. Mi feci delle grandissime surfate, non potevo davvero smettere, mi mangiavo le barrette di cereali e ogni tanto una sigaretta, una bevuta e altro solo finchè l ancora mi portava su, giusto per non perdere minuti preziosi di powder. Poi vedo la pattuglia che si dirige sull infernale corda. Bastardi, potevano essere i primi, ma dall altra parte un ottimo segno, stavano per aprirla.
Quel superpendio era immacolato, ora era una superficie coerente e polverosa e io un bambino che stava per entrare per la prima volta a Disneyland. Un altro paio di trifolatori si presentarono impazienti alla partenza con zainone e sci larghissimi. Mi lanciarono un paio di battutine simpatiche su come sarebbe stata la discesa, ma non sapevano che gli avrei spezzato le gambe volentieri per non farli salire…
Poi… un urlo rimbombava a eco tra le montagne… “POOOOWDEEER”… e finchè nelle gambe non cominciava a scorrere acido di batterie invece di sangue ed ossigeno, sono rimasto in quella dimensione limbo dove non esiste nient altro che ciò che stai facendo. La prima discesa è di studio, lenta,, controllata e leggera, poi si prende confidenza col tipo di neve e si prova qualche tre curvette a vedere come vengono, poi salendo si studia una linea migliore per la prossima run, è tutto ripido, niente sotto i 30° e le mie gambe non sono in forma, discesa dopo discesa si prende confidenza e ci si ricordano i dossi, si cerca la serie infinita di curve uguali tanto bella da vedere da sotto, se vengono bene le prime tre è fatta, prendi sicurezza, con la velocità aumenta anche il flusso di adrenalina al cervello che superato il limite di tolleranza va in pappa ed entri nel limbo di cui parlavo, sei concentratissimo, i riflessi sono quelli di un gatto e il tuo corpo fa cose straordinarie, decisamente sopra le tue capacità.
Misteri del corpo umano, ma gran figata. Poi c è un limite di tolleranza al maltrattamento di muscolatura e le gambe cedono senza preavviso.
Il segnale che avevo dato il 110% che aspettavo. Mi siedo e do un occhiata alle mie firme.
Finalmente il week end, obbligato a riposarmi perché il mio pass vale solo da lunedi a venerdi. Due splendide giornate di sole sul lago Tekapo, in spiaggia a leggere, cucinare qualcosa di decente in maniera rilassata e a mente folgorata dal paesaggio che mi circondava
Poi lunedi si ricomincia, su e giu, su e giu, tutto era trifolatissimo dal weekend otre che crostato. Decido di inventarmi una gita per l ultimo giorno in quel comprensorio sapendo che sarebbe stato sole e delle piste mi ero proprio rotto le palle.
Prendo l ancora e scendo nel versante dietro dove nessuno sarebbe sceso visto che la sola lunga via del ritorno era a piedi.
Come al solito non ne resto deluso, il sole aveva ammorbidito la crosta e non c era neanche un imperfezione superficiale su quel mato nevoso, era poco ripido e le curve erano solo per renderla piu lunga e lasciarmi distrarre dalla vista.
Poi metto le pelli, Beetowen sull i-pod e comincio a risalire, senza fretta, prendendo il giro piano ma lunghissimo che guarda sudovest, con quel tempo, in quel posto e quella vista, quello che provavo mi ripagò davvero tutte le giornate a fare il meccanico al freddo e le mele raccolte per mesi e le notti sul van al freddo.
Scendendo la sera, dirigendomi all altro comprensorio prendo l ultimo scatto di un tramonto sul lago dove oramai “vivevo” da due settimane.
Avevo da spendere i 3 giorni rimanenti a Mt Dobson, dove avevo rotto la cinghia. Cerco un posto per imboscarmi con il van e essere il primo la mattina dopo. La sera era senza nessuna traccia di nuvole e la luna piena, visto il buio totale della zona e l assenza totale di alberi sopra gli 800m, illuminava a giorno. Con un cielo cosi ci si può aspettare solo una cosa di notte e in montagna. Un freddo cane. Ghiaccio ovunque, nel lavello, sui vetri, persino nelle parti metalliche interne scoperte
Nel sacco a pelo si stava benissimo, ma senza una gran, gran motivazione, uscire da esso a quelle temperature non si fa.
Il comprensorio era piccolo e poco frequentato, una seggiovia vecchia e un ancora, ma quello che potevi fare da soli questi due impianti era vastissimo.
Poi, neve di nuovo, a secchiate ogni tanto, fiocchi enormi che ricoprivano ogni tua discesa nel tempo della risalita
L ultimo giorno delle due settimane intensive di surf optavo di nuovo per una gita visto il tempo favorevole e un dislivello sciabile di piu di 1000m.
Ancora una volta dovevo scendere dal versante opposto agli impianti, ma l avevo studiata bene su mappa stavolta,entrata, rotta e pendenze e dove avevo parcheggiato il van a 900m, poco sotto il livello della neve sciabile, e partendo da circa 2090m. Restando sul ridge sarei stato “al sicuro” da valanghe per vari motivi, e, essendo meno ripido (media di 20° suppongo) era anche piu lungo.
Stavolta il vento aveva rovinato il manto con una bella crostina e piccoli sastrugi, ma è stata una discesa davvero lunga, cazzeggiante e soprattutto mia e solo mia. Ogni tanto la vista mi distraeva e finivo in uno di quei canali sottovento dove non avrei dovuto essere e dovevo uscirne velocemente, fermarmi e riprendere il punto di orientamento e vedere un po dov ero finito.
Ma oramai vedevo la strada, bastava seguirla fin laggiù, sotto le nuvole dove la neve non c è piu e dove il mio “fedele” bongo mi aspettava per una cenazza da Natale.
Felice e soddisfatto mi dirigo a Christchurch ancora una volta, ottimo posto dove farmi un regalo e dormire 5 notti in ostello in un letto morbido, riposarmi in un posto caldo, mettere in ordine le foto con calma e postare il blog sorseggiando un thé e perché no, socializzare un po con qualcuno che non sia il pupazzo spaventato che siede in fianco a me quando guido.
Ovviamente, vista la distanza mi sono fatto una fermata in uno di quei “free camping” del D.O.C. che sono sempre in posti magici, una bella giornata calda e soleggiata (per essere inverno) a fare pulizie generali, asciugare il materiale e farsi una camminata finalmente in un bosco, insomma esternare il mio stato d animo in mezzo alla natura e con la mia privacy prima di tornare nella civiltà.
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