domenica 1 agosto 2010

Welcome to Heaven

Mi ritrovo a dover già aggiornare il blog perché le prime due settimane di neve sono state esaltanti.Era proprio come l immaginavo, anzi peggio. Tutto è veramente rustico e selvaggio. Gli impianti di risalita, le strade per arrivarci e la gente che li gestisce.
Dopo un paio di paradisiaci giorni di liberamento da energie negative scivolando giu per i pendii del Mt Dobson avrei otato per tornare a “Roundhill”, quello che avevo trovato chiuso prima di rompere la cinghia. Quest ultimo partiva piu basso, addirittura 1300 m e le nevicate dei giorni precedenti e dei successsivi sarebbero state ideali. Il “comprensorio” (parolona) si vantava di una nuovissima risalita “a corda” fino alla vetta del versante opposto a 2133m, che per la NZ è parecchio dislivello in una sola discesa.
Cerco un posto per imboscarmi con il van per non dovermi fare ogni giorno 60 km di sterrato-innevato ma lungo la strada sembra siberia. Distese di pianeggiante niente, senza quasi un albero e solo sta strada ghiaosa a una corsia.
Ogni tanto trovavo una depressione dove potersi imboscare ma dovevo sempre controllare che non fosse una di quelle con il suolo impermeabile tipiche di ste zone, una notte di pioggia e ti ritrovi l acqua al collo.
Ma la trovai




Un paio di volte la notte, quando la pioggia si faceva piu forte, mi sono svegliato a controllare se stessi già galleggiando, ma il pensiero che tutta quell acqua sarebbe stata neve un mezz ora di guida da li mi regalava sogni d oro.
Mi sveglia presto con l allarme del telefono e subito notai che non pioveva piu… Aprii la porta e la pianura verde che scendeva al lago cominciava ad imbiancarsi. Ero a 850m! Scaldo il motore e parto, non posso aspettare di vedere che spettacolo mi aspetta. Dopo pochi km mi fermai a montare le catene, la parte peggiore della routine quotidiana.
Come immaginato non c era quasi nessuno, infrasettimana e con brutto tempo. Alle 10 di mattina c erano forse 15 auto, la metà di esse era di chi lavorava qui. Io ero già “on fire” da parecchio e facevo su e giu dalle due piste battute per scaldare le mie povere gambe che da mesi erano oramai diventate delle “utilitarie” del corpo.
Arrivo a questo famoso nuovo impianto. Finalmente userò questo cavolo di schiaccianoci e vediamo un po che macchine infernali si sono inventati in sto angolo di mondo per la pigrizia di salire a piedi.



Invece del solito ragazzone bianchissimo, alto e robusto mi trovo una carinissima bionda kiwi, che mi fa un sorrisone a mille denti e subito mi sento in imbarazzo. Ok, mi spighi come funziona? Lo schiaccianoci è legato all imbragatura, devi prendere la corda e farti tirare, quando ce l hai ferma in mano con l altra colpisci il cavo con lo schiaccianoci che si chiude e ti fai trainare. Devi tenerlo però poi chiuso con la mano perché se lo molli si sgancia al volo. Stai attento a tenere la mano alla fine di esso senò le rotelle dove passa la corda potrebbero tagliarti le dita.
Whaaaaat?? Questa cosa come altre è nata prima dello snowboard ed è stata pensata per sciatori. Sono caduto tre volte prima di arrivare in cima, come un principiante, e ogni volta mi toccava beccarmi sto sorriso al mio ritorno come per dirmi “dai, vai che ce la fai.
Era spaventoso, quando lo schiaccianoci passava sulle rotelle di ferro tenendo il cavo faceva un “stang” metallico che mi irrigidiva e ce n era uno ogni 20 metri!!! Per lo piu lo zaino sbatteva su ogni palo e mi sbilanciava e ero terrorizzato pure dal fatto di qualche fibbia dello zaino che si itorcolasse in quelle infernali rotelle e in piu sto atrezzo da tenere chiuso forte quasi dietro di te in una posizione da martire per 6 lunghi minuti su un pendio veramente ripido, penso una media quasi di 30°.
Ero concentratissimo, rigido come un asse di legno e combattevo la mia battaglia per restare in piedi e mantenere tutte le dieci dita che avevo allo stesso tempo, e non mi ero accorto di dove stavo andando. In cima mollola presa e l atrezzo si apre di scatto, in salita, una bella frenata in dietrofront inaspettata e vedo il paradiso







Non potevo far altro che tirar fuori i sandwich dallo zaino e gustarmeli al cinema del national geographic.
La discesa però non era ancora pronta, le due settimane di trifolazione da teenager in vacanza aveva lasciato tracce troppo pesanti e dopo poche centinaia di metri si entrava nella “nuvola densa” di nebbia e fiocchi di neve che a malapena mi vedevo i piedi.

Il giorno dopo mi stavo bevendo il caffè parcheggiato sotto l ancora aspettando che partisse. La notte aveva messo altri 20-25 cm di neve ovunque, piste comprese!!!! E non accennava a smettere. Mi feci delle grandissime surfate, non potevo davvero smettere, mi mangiavo le barrette di cereali e ogni tanto una sigaretta, una bevuta e altro solo finchè l ancora mi portava su, giusto per non perdere minuti preziosi di powder. Poi vedo la pattuglia che si dirige sull infernale corda. Bastardi, potevano essere i primi, ma dall altra parte un ottimo segno, stavano per aprirla.
Quel superpendio era immacolato, ora era una superficie coerente e polverosa e io un bambino che stava per entrare per la prima volta a Disneyland. Un altro paio di trifolatori si presentarono impazienti alla partenza con zainone e sci larghissimi. Mi lanciarono un paio di battutine simpatiche su come sarebbe stata la discesa, ma non sapevano che gli avrei spezzato le gambe volentieri per non farli salire…
Poi… un urlo rimbombava a eco tra le montagne… “POOOOWDEEER”… e finchè nelle gambe non cominciava a scorrere acido di batterie invece di sangue ed ossigeno, sono rimasto in quella dimensione limbo dove non esiste nient altro che ciò che stai facendo. La prima discesa è di studio, lenta,, controllata e leggera, poi si prende confidenza col tipo di neve e si prova qualche tre curvette a vedere come vengono, poi salendo si studia una linea migliore per la prossima run, è tutto ripido, niente sotto i 30° e le mie gambe non sono in forma, discesa dopo discesa si prende confidenza e ci si ricordano i dossi, si cerca la serie infinita di curve uguali tanto bella da vedere da sotto, se vengono bene le prime tre è fatta, prendi sicurezza, con la velocità aumenta anche il flusso di adrenalina al cervello che superato il limite di tolleranza va in pappa ed entri nel limbo di cui parlavo, sei concentratissimo, i riflessi sono quelli di un gatto e il tuo corpo fa cose straordinarie, decisamente sopra le tue capacità.
Misteri del corpo umano, ma gran figata. Poi c è un limite di tolleranza al maltrattamento di muscolatura e le gambe cedono senza preavviso.
Il segnale che avevo dato il 110% che aspettavo. Mi siedo e do un occhiata alle mie firme.



Finalmente il week end, obbligato a riposarmi perché il mio pass vale solo da lunedi a venerdi. Due splendide giornate di sole sul lago Tekapo, in spiaggia a leggere, cucinare qualcosa di decente in maniera rilassata e a mente folgorata dal paesaggio che mi circondava





Poi lunedi si ricomincia, su e giu, su e giu, tutto era trifolatissimo dal weekend otre che crostato. Decido di inventarmi una gita per l ultimo giorno in quel comprensorio sapendo che sarebbe stato sole e delle piste mi ero proprio rotto le palle.
Prendo l ancora e scendo nel versante dietro dove nessuno sarebbe sceso visto che la sola lunga via del ritorno era a piedi.
Come al solito non ne resto deluso, il sole aveva ammorbidito la crosta e non c era neanche un imperfezione superficiale su quel mato nevoso, era poco ripido e le curve erano solo per renderla piu lunga e lasciarmi distrarre dalla vista.




Poi metto le pelli, Beetowen sull i-pod e comincio a risalire, senza fretta, prendendo il giro piano ma lunghissimo che guarda sudovest, con quel tempo, in quel posto e quella vista, quello che provavo mi ripagò davvero tutte le giornate a fare il meccanico al freddo e le mele raccolte per mesi e le notti sul van al freddo.




Scendendo la sera, dirigendomi all altro comprensorio prendo l ultimo scatto di un tramonto sul lago dove oramai “vivevo” da due settimane.



Avevo da spendere i 3 giorni rimanenti a Mt Dobson, dove avevo rotto la cinghia. Cerco un posto per imboscarmi con il van e essere il primo la mattina dopo. La sera era senza nessuna traccia di nuvole e la luna piena, visto il buio totale della zona e l assenza totale di alberi sopra gli 800m, illuminava a giorno. Con un cielo cosi ci si può aspettare solo una cosa di notte e in montagna. Un freddo cane. Ghiaccio ovunque, nel lavello, sui vetri, persino nelle parti metalliche interne scoperte




Nel sacco a pelo si stava benissimo, ma senza una gran, gran motivazione, uscire da esso a quelle temperature non si fa.
Il comprensorio era piccolo e poco frequentato, una seggiovia vecchia e un ancora, ma quello che potevi fare da soli questi due impianti era vastissimo.





Poi, neve di nuovo, a secchiate ogni tanto, fiocchi enormi che ricoprivano ogni tua discesa nel tempo della risalita



L ultimo giorno delle due settimane intensive di surf optavo di nuovo per una gita visto il tempo favorevole e un dislivello sciabile di piu di 1000m.
Ancora una volta dovevo scendere dal versante opposto agli impianti, ma l avevo studiata bene su mappa stavolta,entrata, rotta e pendenze e dove avevo parcheggiato il van a 900m, poco sotto il livello della neve sciabile, e partendo da circa 2090m. Restando sul ridge sarei stato “al sicuro” da valanghe per vari motivi, e, essendo meno ripido (media di 20° suppongo) era anche piu lungo.
Stavolta il vento aveva rovinato il manto con una bella crostina e piccoli sastrugi, ma è stata una discesa davvero lunga, cazzeggiante e soprattutto mia e solo mia. Ogni tanto la vista mi distraeva e finivo in uno di quei canali sottovento dove non avrei dovuto essere e dovevo uscirne velocemente, fermarmi e riprendere il punto di orientamento e vedere un po dov ero finito.
Ma oramai vedevo la strada, bastava seguirla fin laggiù, sotto le nuvole dove la neve non c è piu e dove il mio “fedele” bongo mi aspettava per una cenazza da Natale.




Felice e soddisfatto mi dirigo a Christchurch ancora una volta, ottimo posto dove farmi un regalo e dormire 5 notti in ostello in un letto morbido, riposarmi in un posto caldo, mettere in ordine le foto con calma e postare il blog sorseggiando un thé e perché no, socializzare un po con qualcuno che non sia il pupazzo spaventato che siede in fianco a me quando guido.
Ovviamente, vista la distanza mi sono fatto una fermata in uno di quei “free camping” del D.O.C. che sono sempre in posti magici, una bella giornata calda e soleggiata (per essere inverno) a fare pulizie generali, asciugare il materiale e farsi una camminata finalmente in un bosco, insomma esternare il mio stato d animo in mezzo alla natura e con la mia privacy prima di tornare nella civiltà.



7 commenti:

Anonimo ha detto...

che foto!!!!!!Stupendi quei paesaggi!!!Buon divertimento

Anonimo ha detto...

questo post l'ho divorato, ho provato ad immaginare la situazione ... mi son quasi commosso per lo spettacolo naturale ed emozionale che ti accompagnava.
FANTASTICO Gire, continua a farmi sognare ...

Giredue ha detto...

wow, grazie mille, ed in effetti in qualche momento era davvero da commozzione, troppo, troppo bello... the wild New Zealand...

Anonimo ha detto...

senza parole. il cowboy

Anonimo ha detto...

senza dubbio sono paesaggi che lasciano delle forti emozioni....complimenti...

ParkaDude ha detto...

In ogni post sempre piu' into the wild. Bravo!

Anonimo ha detto...

Simply killing some in between class time on Digg and I discovered your article . Not normally what I desire to read about, nevertheless it was completely worth my time. Thanks.